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Sulle distribuzioni di probabilità non normalizzabili


Paolo Fabbri

via Scania, 551/B; 40024 Castel S. Pietro T. (BO); Italia
pfabbri@interfree.it


13/05/2002



Estratto
     Lo studio degli stati stazionari non legati, in meccanica quantistica, introduce densità di probabilità non normalizzabili. Verranno esplorate le proprietà di una successione di varie determinazioni di una variabile aleatoria, avente una distribuzione di probabilità non normalizzabile, giungendo alla conclusione che queste distribuzioni non possono avere significato.



     È noto che, risolvendo l'equazione di Schrödinger, nel caso di stati non legati, si è indotti a dare significato anche a distribuzioni di probabilità che non sono normalizzabili. Il caso più semplice è il problema della particella libera, che ammette stati stazionari con densità di probabilità costante ovunque. Ciò esprime una condizione, apparentemente innocua ed intuitiva, in cui tutti i punti dello spazio sono equivalenti.
     A questo livello, la densità di probabilità di una distribuzione non normalizzabile è definita a meno di una costante moltiplicativa arbitraria, e la sua integrazione fornisce non la probabilità di un intervallo, ma il rapporto tra le probabilità di diversi intervalli.
     Una comprensione completa di queste distribuzioni richiede di saper rispondere alla seguente domanda: se ripetiamo più volte un esperimento che determina il valore (X i) di una variabile aleatoria (X) avente una distribuzione di probabilità non normalizzabile, che aspetto avrà la successione degli X i? È possibile simulare tale successione?
     Osserviamo che non possiamo ottenere una distribuzione di probabilità non normalizzabile come limite di una normalizzata. Per esempio, una densità di probabilità costante per ogni x ≥ 0 non è il limite, per L → ∞, di una densità di probabilità costante per 0 ≤ x < L, perchè, nel limite, tutti gli X i tendono a ∞. ∞ non è un numero e i valori possibili di X sono tutti i numeri ≥ 0 (∞ escluso).
     Ho incontrato varie proprietà paradossali di queste distribuzioni, prima di ottenere il risultato seguente.
     Siano n e k due grandi numeri, e poniamo N = k · n. Se ripetiamo N volte l'esperimento, otterremo un insieme di N valori, che copriranno un intervallo I. Possiamo dividere I in k sottointervalli non uguali, in modo che ognuno contenga n risultati. f = n/N è la frequenza statistica di ciascun sottointervallo. Dividendo f per l'ampiezza dei sottointervalli, otteniamo k densità di frequenza. Associando, ad ogni x, interno ad un sottointervallo, la densità di frequenza di quel sottointervallo, e 0 ad ogni x esterno ad I, otteniamo una funzione ρ (x), che descrive l'aspetto della distribuzione statistica dei risultati.
     ρ (x) è necessariamente normalizzata.
     Una distribuzione analoga, con la stessa ρ (x), può essere ottenuta da un esperimento con densità di probabilità normalizzata. ρ (x) sarebbe un'approssimazione di tale densità di probabilità, tanto migliore quanto più n e k sono grandi. Solo l'ordine degli X i, e non la forma finale della loro distribuzione può dunque distinguere tra probabilità normalizzata e non. Ma, se gli X i sono statisticamente indipendenti l'uno dall'altro, il loro ordine è puramente arbitrario, e una loro permutazione casuale deve rimanere una successione accettabile. Una tale permutazione non può serbar memoria di un ordine particolare, ma solo della forma di ρ (x), esattamente come una successione estratta con probabilità normalizzata. Pertanto, una distribuzione di probabilità non normalizzabile si comporterebbe esattamente come una normalizzata! Non è possibile attribuire ad una variabile aleatoria una densità di probabilità non normalizzabile.


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